La Legge Quadro n. 353 del 2000 in materia di incendi boschivi, che ha abrogato la legge n. 47/75 “Norme integrative per la difesa dei boschi dagli incendi“, ha regolamentato tutto il settore.
Successivamente, l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 28 agosto 2007, n. 3606, emanata a seguito dei disastrosi incendi in Puglia e Sicilia ha disposto, all’art. 1 comma 9, che i comuni di alcune regioni, tra cui la Puglia, predisponessero i piani di emergenza in relazione ad eventi calamitosi dovuti alla diffusione di incendi e fenomeni di combustione, tenendo conto prioritariamente delle strutture maggiormente esposte al rischio di incendi di interfaccia con lo scopo principale della salvaguardia e dell’assistenza alla popolazione.
A seguito di tale ordinanza, è stato predisposto e diffuso, dal Dipartimento della Protezione Civile, il “Manuale Operativo per la predisposizione di un piano Comunale e Intercomunale di Protezione Civile” che fornisce le indicazioni operative per la stime del rischio di incendio nelle aree di interfaccia.
Il Manuale definisce l’interfaccia urbano–rurale come “l’insieme delle zone, aree o fasce, nelle quali l’interconnessione tra strutture antropiche e aree naturali è molto stretta così da considerarsi a rischio d’incendio di interfaccia, potendo venire rapidamente in contatto con la possibile propagazione di un incendio originato da vegetazione combustibile”. Secondo la definizione della National Wildland/Urban Fire Protection Conference (NW/UFCP) del 1987, con il termine “Interfaccia” si intende “il luogo dove l’area naturale e quella urbana si incontrano e interferiscono reciprocamente”.
Pertanto, per incendio di interfaccia si intende l’incendio che interessi aree di interfaccia urbano–rurale, ovvero le fasce, nelle quali l’interconnessione tra strutture antropiche e aree naturali è molto stretta. In effetti, tale incendio può avere origine sia in prossimità dell’insediamento urbano sia come incendio più propriamente boschivo che successivamente vada ad interessare le zone di interfaccia.
A questo proposito occorre osservare che la causa d’innesco degli incendi non è quasi mai naturale, ma risulta spesso connessa all’intervento colposo, e talvolta doloso, dell’uomo. In questo contesto, è pressoché impossibile prevedere tempi e luoghi d’innesco soprattutto in territori, come quello di Veglie, dove vi è la presenza diffusa di coltivi, coltivi abbandonati e incolti, a stretto contatto con insediamenti civili i quali risultano soggetti al rischio di incendi connessi a pratiche imprudenti, quali, ad esempio, la bruciatura di sterpaglie in giornate ventose. Alla luce di quanto osservato, l’unica possibilità di previsione del rischio di incendio di interfaccia consiste nell’individuazione delle aree caratterizzate da condizioni più favorevoli all’innesco e alla propagazione del fuoco. Tali aree sono, tipicamente, quelle che evidenziano un maggiore carico combustibile, ovvero le aree boscate, ove sono stati registrati precursori di evento.
In generale, le diverse configurazioni di contiguità e contatto tra aree antropizzate e aree con presenza vegetale dominante possono essere assimilate alle seguenti tipologie:
Interfaccia classica: insediamenti di piccole e medie dimensioni (periferie di centri urbani, frazioni periferiche, piccoli villaggi, nuovi quartieri periferici, complessi turistici di una certa vastità ecc.), formati da numerose strutture ed abitazioni relativamente vicine tra loro, a diretto contatto con il territorio circostante ricoperto da vegetazione, arborea e non.
Interfaccia mista: presenza di strutture o abitazioni isolate distribuite sul territorio a diretto contatto con vaste zone popolate da vegetazione arbustiva ed arborea. In genere si hanno poche strutture a rischio, anche con incendi di vegetazione di vaste dimensioni. È una tipica situazione delle zone rurali, dove molte strutture sono cascine, sedi di attività artigianali, insediamenti turistici, ecc.
Interfaccia occlusa: presenza di zone più o meno vaste di vegetazione (parchi urbani, giardini di una certa vastità, lingue di terreni non ancora edificati o non edificabili che si insinuano nei centri abitati ecc.), circondate da aree urbanizzate.
Il risultato finale dell’analisi condotta è sintetizzato in una mappa nella quale gli insediamenti sono perimetrati con una linea continua il cui colore esprime la classe di rischio al quale sono esposti: il colore rosso rappresenta un rischio alto (R4), l’arancione un rischio medio (R3), il giallo un rischio basso (R2) ed infine il bianco un rischio nullo (R1). Come si può notare, il profilo di rischio intorno alla gran parte dei nuclei abitati del Centro Urbano è pari a R3 – MEDIO (ARANCIONE). Il rischio diventa R4 – ALTO (ROSSO) in alcune aree a sud e a est dove le aree a pericolosità media incontrano degli esposti.
Il rischio di incendio di interfaccia è sostanzialmente di origine colposa e connesso a pratiche imprudenti, quali la bruciatura di sterpaglie in giornate con vento, barbecue in uso lasciati incustoditi, l’abbandono di mozziconi di sigarette accesi lungo le scarpate stradali.
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